Quando parliamo con
le altre persone oppure ci mettiamo a riflettere (che poi non è altro che un
parlare con noi stessi) esiste un intervallo nella quale ci muoviamo, e di cui
siamo del tutto all’oscuro, che va dal riferirci a oggetti e azioni accettati
da tutti nel quotidiano e che vengono riconosciuti tranquillamente dai nostri
cinque sensi (esempio: ciò che state leggendo sono indubbiamente parole) alla
pura concettualizzazione e astrazione (esempio: l’idea contenuta in questo
articolo sarà molto probabilmente percepita in maniera molto diversa da lettore
a lettore). Noi ogni giorno oscilliamo in continuazione all’interno di questo range, senza quasi mai toccare gli
estremi.
Eppure, però, ci sono volte in cui ciò avviene: il primo caso accade quando siamo completamente presi da un lavoro manuale, quale può essere aggiustare un vecchio orologio; il secondo, invece, quando siamo coinvolti in una discussione religiosa, politica, filosofica o comunque ideologica. La cosa particolare è che, per noi esseri umani, questi due estremi, più che essere distinti e distaccati l’uno dall’altro, sono come parti di un sistema che li porta a influenzarsi in continuazione a vicenda. Sembra complicato ma, come adesso vedremo, è un fatto facilmente osservabile in qualsiasi situazione sociale.
Eppure, però, ci sono volte in cui ciò avviene: il primo caso accade quando siamo completamente presi da un lavoro manuale, quale può essere aggiustare un vecchio orologio; il secondo, invece, quando siamo coinvolti in una discussione religiosa, politica, filosofica o comunque ideologica. La cosa particolare è che, per noi esseri umani, questi due estremi, più che essere distinti e distaccati l’uno dall’altro, sono come parti di un sistema che li porta a influenzarsi in continuazione a vicenda. Sembra complicato ma, come adesso vedremo, è un fatto facilmente osservabile in qualsiasi situazione sociale.
Le
parole che ogni giorno usiamo per descrivere il mondo in cui viviamo non sono
altro, naturalmente, che delle semplici convenzioni che noi esseri umani
utilizziamo per rappresentare oggetti o azioni. Per identificare gli oggetti
utilizziamo i nomi, mentre per
indicare dei processi utilizziamo i verbi.
Facciamo questo perché il mondo è in continua trasformazione e, poiché il
nostro modo di vivere richiede “punti fermi”, ecco allora nomi e verbi
fare la loro comparsa nelle nostre vite. Non è un caso, infatti, che il verbo
“essere” è, diciamo così, il “re del linguaggio”: esso rappresenta la
quintessenza della funzione del linguaggio stesso che è, appunto, quella di
“stabilizzare”, almeno nelle nostre menti, un mondo che in realtà è in continuo
cambiamento. Ed è un bene che sia così: l’alternativa
sarebbe quella di vivere in uno stato brado oppure di impazzire completamente. Tutto
ciò, però, non è più un bene quando ignoriamo il fatto che tutto quello che
facciamo con il linguaggio, dalle semplici descrizioni di oggetti alla
creazione di grandi ideali, non è altro che una
convezione costruita appositamente per tornarci utile in un determinata
situazione o in un determinato contesto storico. Quando confondiamo ciò che è
stato costruito con una struttura linguistica con la “verità”, allora si
possono presentare due gravissimi problemi: uno è lo stato di disperazione
cronica, dovuta al fatto che tutti i progetti a lungo termine che abbiamo
pianificato (che, come ormai sappiamo, sono strutture ottenute con il
linguaggio) non riescono proprio ad accordarsi con il mondo reale; l’altro
problema, invece, è che una persona che è perfettamente a conoscenza di tutto
questo “meccanismo” può tranquillamente manipolare le menti di coloro che ne
sono del tutto ignari. Quest’ultimo caso è quello che comunemente viene
definito “lavaggio del cervello”. In realtà, la maggior parte di coloro che
fanno il “lavaggio del cervello” sono soltanto delle persone talmente ossessionate
dalle loro credenze che riescono a convertire gli altri alla loro “grande verità”.
Queste persone, dunque, non sono altro che delle vittime a loro volta. Ciò che
mi interessa portare qui alla vostra attenzione è, invece, il sistema “lavaggio
del cervello” applicato con coscienza e volontà.
Non
lasciatevi ingannare dal nome. Il “lavaggio del cervello” non è un sistema
utilizzato soltanto nei sotterranei segreti della CIA o da qualche psicopatico
che vuole conquistare il mondo, bensì è qualcosa che viene applicato
costantemente. Un esempio classico sono le pubblicità trasmesse in televisione,
che ci inducono una voglia irrefrenabile di andare a comprare un oggetto di cui
magari cinque minuti prima non ne conoscevamo nemmeno l’esistenza. Ma è anche
quel sistema che un nostro amico molto intelligente utilizza per persuaderci a
non fare qualche stupidaggine di cui poi ci pentiremmo amaramente. In sostanza,
tutte quelle tecniche di persuasione
che la saggezza popolare ha definito “lavaggio del cervello” di per sé non sono
né “buone” né “cattive”; dipende, come sempre, dalle intenzioni di chi le
utilizza. Dopo queste necessarie precisazioni, vediamo il funzionamento di
questo “magico e potente meccanismo”.
Come
accennavamo all’inizio, il linguaggio che utilizziamo ogni giorno consiste in
un loop con due estremi – ciò che percepiamo immediatamente dai nostri
sensi e le nostre convinzioni, i
nostri concetti – distanziati da un intervallo. Un’ottima immagine che ci
può essere di aiuto per comprendere meglio questo discorso è il pendolo. In
pratica il pendolo qui rappresenta voi e l’intervallo in cui si muove è la
vostra percezione del mondo. A questo punto verrebbe da pensare: “E allora?
Dov’è il problema? Basta tenersi alla larga da chi concettualizza troppo e così
ci terremo alla larga dai male intenzionati”. Certo, in teoria potrebbe
sembrare la soluzione ideale ma, che ci crediate o no, il grande manipolatore
“malevolo” utilizza a proprio favore un’idea del genere. Ricordatevi che il
pendolo oscilla, e questo significa che io, se male intenzionato, posso
tranquillamente iniziare a concordare su alcune vostre convinzioni che voi
ritenete “oggettive” per poi trascinarvi, lentamente e senza che ve ne
accorgiate, sempre più verso la concettualizzazione. A quel punto diventa
facile convincervi di una nuova idea che, tornando poi su quelle cose che
all’inizio ritenevate “oggettive”, non riuscite proprio più a rivederle come
prima. A chiunque di noi è capitato, almeno una volta nella vita, di cambiare idea su
qualcosa di cui eravamo assolutamente convinti per poi vedere gli oggetti che ci capitavano tra le mani in maniera completamente diversa rispetto a prima.
Eppure erano gli stessi!
Sono
le idee, i concetti, le convinzioni radicate nel nostro inconscio a
darci la chiave di lettura del mondo che percepiamo come oggettivo, come materiale. E questo nostro percepire come
“oggettivo” ci risulta tale perché abbiamo bisogno del linguaggio per
descriverlo e, come ormai sappiamo, il linguaggio “stabilizza” ciò che in
realtà è eternamente dinamico.
È importante prendere
coscienza di tutto ciò non soltanto per evitare che qualcuno ci strumentalizzi
ma anche, e forse soprattutto, perché, se adeguatamente usato, il “sistema”
che si nasconde dietro alla “manipolazione” può tornarci utile per modificare
la prospettiva con cui guardiamo il mondo. Oggi più che mai abbiamo il “mezzo”
per uscire da quello stato di “scacco mentale” che ci porta a vedere la nostra
vita come un incubo e trasformarla in qualcosa di meraviglioso, piena di
vitalità e creatività, per tornare a essere finalmente orgogliosi di noi stessi.
micheleputrino@email.it
micheleputrino@email.it
[Nel prossimo articolo illustreremo
le tecniche utilizzate per persuadere e per cambiare prospettiva]
Il lavaggio del cervello viene utilizzato dai culti per manipolare i loro membri messi in una bolla o cocoon dove si trova i veri amici cristiani, la salvezza, e che fuori di tale bozzolo non c'è niente di buono che serve a compiacere ai membri dil gruppo che si trovano all'interno di questo cocoon. Tutto ciò che si trova fuori dil cocoon è cattivo, pericoloso, mondano. pernicioso, mente all'interno di essa si trova la sicurezza.
RispondiEliminahai parlato di Cristiani ma non mi sembra che il Cristo quando sia venuto sulla terra si sia isolato in una bolla e abbia comunicato solo con i suoi amici...anzi si e' aperto al mondo intero e si e' seduto alla mensa di pubblicani e peccatori e ha donato le sue parole di amore a chiunque incontro' lungo il suo cammino terreno senza mai considerare alcuno non degno del suo amore...io al posto tuo rivedrei le mie idee su cose che conosco solo per sentito dire
EliminaBastano i casi di abbandoni universitari di Bill Gates per dimostrare che dopo alle superiori viene fatto il lavaggio del cervello agli studenti. Non ho mai capito la "goliardia" con cui si deve prendere la bocciatura a un esame universitario: mi sembra quando ammazzano il cane davanti a Fantozzi al ristorante cinese!
RispondiEliminaIn realtà, a qualsiasi livello sociale assistiamo ad un "lavaggio del cervello". Lo stesso nostro inserirci all'interno di un contesto sociale (sia che si tratti di un gruppo di amici che di un posto di lavoro o anche di un culto di qualsiasi genere) comporta un lavaggio del cervello che, in alcuni casi, può essere anche volontario e non indotto. Ovvero: la mia necessità (prettamente umana) di interazione sociale con altri esseri umani, mi predispone, anzi, mi autosuggestiona, affinchè io accetti determinate convenzioni sociali del gruppo di cui voglio far parte, in modo che venga accettato da quest'ultimo. In soldoni: non è sempre detto che a manipolare (usiamo tale termine per semplicità) la mente sia una seconda persona (leader, santone, capo-ufficio, prete, ecc...), ma nella maggior parte dei casi è il soggetto stesso che accetta volontariamente tale manipolazione, anzi si autocondiziona, pur di essere accettato. È il meccanismo su cui si basano, ad esempio, sia i gruppi giovanili che i gruppi religiosi (minori e maggiori). In particolare i secondi, si rivolgono sempre a persone sole o con problemi, dando loro un'immagine di sicurezza, e portando i soggetti stessi a voler far parte del gruppo e dunque a voler essere indottrinati. Il soggetto in questione, pur di sentirsi all'interno di un cerchio sociale (e dunque accettato/protetto/accudito) accetta i presupposti teorico/pratici del gruppo, a prescindere o meno se essi cozzino con il buon senso o la norma comune
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