Esistono
aspetti della nostra mente che ci sono del tutto sconosciuti, ma che
controllano e gestiscono gran parte della nostra vita. Sigmund Freud chiamò il
“luogo” dove risiedono questi misteriosi “dittatori” inconscio. Questo è un
luogo primordiale, dove le “leggi” che lo governano risalgono a prima che
l'uomo imparasse a parlare. Milioni di anni di evoluzione le hanno ben radicate
all'interno di noi. Esse sono talmente sicure di ciò che è bene e male per noi
che non hanno mai un attimo di esitazione per farsi rispettare. E lo fanno
attraverso quelle reazioni che suscitano in noi sensazioni che abbiamo imparato
a chiamare emozioni.
Il
nostro animo ricorda molto un iceberg, dove la parte di cui siamo coscienti e
che crediamo di poter controllare nell'immediato è soltanto la punta, mentre la
parte soggetta ad automatismi (e quindi del tutto non soggetta alla nostra
volontà immediata) è di gran lunga la parte più grande e più sommersa. Ma
questo è un esempio classico utile per avere un'idea delle dimensioni e per
capire quanto ciò che percepiamo di noi stessi sia illusorio. Per comprendere
invece come la parte sommersa e automatica (l'inconscio) agisce e influenza le
nostre scelte quotidiane, sovrastando la nostra volontà, oggi possiamo fare
riferimento a un altro esempio: il computer. I computer, come ormai tutti
sappiamo, funzionano attraverso dei programmi preimpostati: noi inseriamo dei
dati e, in funzione alle “leggi” che il programmatore ha impostato, otteniamo
dei risultati. Se le “leggi” impostate dal programmatore corrispondono alle
nostre esigenze allora non sussiste nessun problema; se, viceversa, queste
“leggi” sono molto diverse da ciò che vogliamo ottenere, allora potremo
insistere quanto vogliamo ma non cambierà mai niente, a meno che non
reimpostiamo il programma. Per chiare meglio la questione, faccio un esempio
molto semplice. Quando dobbiamo scrivere una lettera con il computer apriamo un
programma di scrittura (come Microsoft Word, Pages o simili). Se il programma è
preimpostato secondo le nostre esigenze (a esempio la lingua è “italiano” e le
impostazioni di pagina e dei caratteri corrispondono a ciò di cui abbiamo
bisogno), allora ci basterà scrivere e otterremo ciò che vogliamo; ma se le
impostazioni sono completamente diverse dalle nostre esigenze (a esempio la
lingua è “russo”, i caratteri cirillici e noi non conosciamo né il russo né
l'alfabeto cirillico), potremmo anche continuare a insistere a scrivere al
meglio delle nostre conoscenze mettendo tutto l'impegno di questo mondo, ma il
risultato sarà sempre nefasto. A meno che, naturalmente, prima di scrivere non
impostiamo tutto secondo le nostre necessità. La nostra mente funziona in un
modo molto simile, dove il nostro inconscio è il “luogo di programmazione”
mentre la parte cosciente è dove vengono immessi gli input di esecuzione. I
“programmi” presenti nel nostro inconscio sono convinzioni radicate che non
passano più attraverso il filtro della riflessione ma agiscono secondo il
principio dello stimolo-reazione. Un esempio tipico è il fumo. Se abbiamo
“creato” un “programma” che ci “dice” che di fronte a uno stato di ansia è bene
accendere una sigaretta per farlo sparire, allora ecco che andremo
immediatamente alla ricerca di un pacchetto di sigarette per accenderne una il
prima possibile. Il problema è che, come abbiamo detto, l'inconscio agisce
sotto il principio dello stimolo-reazione, e questo significa che non si
preoccuperà del “perché” quello stato di ansia si è presentato (che potrebbe
anche essere dovuto a una sciocchezza, come non riuscire a trovare le chiavi
della macchina), ma più semplicemente “sa” che al presentarsi di quel tipo di
stimolo emotivo deve reagire accendendo una sigaretta. E, proprio come nel caso
del programma di scrittura, potremmo continuare a insistere quanto vogliamo a
livello cosciente per modificare questa situazione, ma sarà tutto inutile:
almeno fino a quando non decideremo di ristrutturare le nostre convinzioni
interne radicate, il nostro “programma” inconscio. Tutto ciò, ovviamente, non
vale soltanto nel caso del fumo, ma in tutte quelle situazioni che fanno
emergere in noi emozioni. Certo, molte emozioni emergono al momento giusto
perché sane e positive; ma molte altre, purtroppo, ci limitano e ci bloccano in
quanto si presentano nel momento sbagliato. Caso tipico è quando ci
accingiamo a salire su di un palco per parlare a una vasta platea. A molte
persone basta già soltanto il pensiero per entrare in uno stato di ansia
(addirittura a molti è sufficiente già il solo fatto di salire su di un palco
senza pubblico!). Questo tipicamente avviene perché siamo
convinti, a livello inconscio, che tutta quella gente è lì pronta a giudicare e
a condannare ogni più piccola azione e, quindi, l'intera nostra persona. E,
ovviamente, presentandoci così insicuri di fronte a loro sarà qualcosa che si
realizzerà poiché quell'insicurezza ci porterà a commettere errori e a essere
impacciati. Alla fine la profezia nefasta si sarà realizzata soltanto perché
siamo stati noi a creare le necessarie condizioni! Potremmo continuare
all'infinito con gli esempi, ma credo che ci siamo capiti. A questo punto sorge
una naturale domanda: esiste un modo per gestire in qualche modo tutto questo?
La risposta è sì e ha anche un nome: attraverso la Visualizzazione.
La
Visualizzazione è una tecnica molto antica e, allo stesso tempo, molto moderna.
Veniva già usata nelle scuole di oratoria del mondo antico e oggi è alla base
delle tecniche di coaching. In pratica consiste nell'immaginare in maniera
vivida la situazione che si vuole affrontare “vedendosi” in un atteggiamento
vincente e privo di paure. Detta così può suonare come qualcosa di strano e
poco pratico. Ma rifletteteci un attimo. Cos'è che fate quando vi “viene
l'ansia” al solo pensare una situazione che dovete affrontare? Non state forse
“visualizzando” in maniera vivida tutto quello che potrebbe andare storto? A
fare questo molti di noi sono bravissimi. Ecco, la Visualizzazione è
esattamente questo. Tutti coloro che si fanno gestire da stati emotivi
ingovernabili al solo immaginare una situazione, sono bravissimi in quest'arte:
il solo problema è che la utilizzano in modo distruttivo, e così facendo ne
rinforzano l'automatismo. Il punto centrale di tutto ciò è che il cervello non
distingue tra ciò che immaginiamo come reale e ciò che avviene nella realtà
fisica. È proprio a causa di questa sua caratteristica che arriviamo a vedere
come “mostruose” alcune situazioni quotidiane che poi, per riflesso, ci portano
a compiere azioni negative che non avremmo mai voluto. Il trucco consiste nello
sfruttare a nostro vantaggio questa caratteristica del cervello imparando a visualizzare
in modo positivo gli eventi che prima percepivamo negativi. In pratica dobbiamo
imparare a programmare la nostra mente affinché tutto torni a nostro vantaggio.
Certo, per molti invertire la polarità della loro immaginazione è cosa ardua:
dopo una vita passata a concentrarsi e a visualizzare sempre gli eventi in
maniera negativa non è facile, da soli, invertire il processo. Per questo
motivo oggi sta emergendo e prendendo sempre più piede la figura del Coach
(Life Coach o Mental Coach) che altro non è che una persona che “allena” (da
qui la parola “coach”) un'altra persona che ne fa richiesta a cambiare
prospettiva alla propria immaginazione e, quindi, a migliorare gli eventi della
vita reale che di questa sono causa.
Come
scrive Richard Bandler, uno dei due padri fondatori della programmazione
neuro-linguistica (PNL), «Libertà individuale significa avere la libertà di
controllare i propri pensieri e di far manifestare le sensazioni che si
desiderano nella propria vita».
È giunto il momento di essere
noi a usare e gioire delle nostre emozioni e non più loro a usare noi.
micheleputrino@email.it
micheleputrino@email.it
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