lunedì 20 aprile 2015

La Vita è Adesso

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Vi siete mai accorti che ogni volta che pensiamo siamo ovunque tranne che lì dove si trova il nostro corpo? Il motivo è molto semplice: la natura stessa del pensiero consiste nel riflettere, valutare e giudicare ciò che è successo in passato o quello che potrebbe accadere in futuro. Questo perché il motivo di esistere del pensiero consiste nel preoccuparsi per la nostra sopravvivenza. Arriva a preoccuparsene talmente tanto che ci dimentichiamo anche dove siamo, senza renderci conto che, come diceva John Lennon, “La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo occupati in altri progetti”.

Un costante mormorio di parole, ragionamenti, preoccupazioni ci accompagnano in continuazione in ogni istante. Siamo ovunque, tranne che qui. E più pensiamo e più la vita ci sembra un inferno; e più ci sembra un inferno e più pensiamo... e così via, alimentando sempre più un vortice che ci trascina sempre più in basso, fino a percepire la vita come qualcosa di orrendo, come una terribile punizione per chissà quale oscura colpa. Forse nessuno più di Giacomo Leopardi ha più di altri incarnato e descritto questo modo di “vivere” così inconsciamente autodistruttivo. In un aforisma postumo tratto dallo Zibaldone scrive: «La maggior parte degli uomini in ultima analisi non ama e non brama di vivere se non per vivere. L'oggetto reale della vita è la vita e lo strascinare con gran fatica su e giù per una medesima strada un carro pesantissimo e voto». In queste parole si evince chiaramente un’accusa al fatto che l’uomo comune desidera soltanto di “vivere se non per vivere” e che la vita non ha un significato, “un perché”. In sostanza Leopardi e, con lui, tutti coloro che “riflettono in continuazione”, per dire che “la vita è degna di essere vissuta” vorrebbero una spiegazione lucida, chiara e soprattutto logica e razionale del perché si vive. Ma visto che questa naturalmente non può essere data da nessuno, allora considerano la vita come “un carro vuoto”. Se il problema fosse solo questo, si potrebbe obiettare, dovrebbe esistere soltanto uno stato di insoddisfazione in coloro che “pensano sempre”; ma allora perché si soffre in maniera incredibilmente così acuta, tanto da sentirsi contorcere lo stomaco nelle buie notti e non solo, per via del fatto che "non c'è un senso" (Vasco Rossi ha scritto stupende canzoni ispirandosi a questo tema)? Il motivo è il seguente: perché si è conviti che siamo quel continuo fiume di parole nella nostra testa, quel continuo flusso di pensieri.
Il primo ad affermare come “verità assoluta” che il nostro essere è il nostro pensiero è stato, guarda caso, il padre del razionalismo moderno René Descartes, in Italia più comunemente conosciuto come Cartesio. Infatti fu lui ad affermare la celebre frase Cogito Ergo Sum, che significa proprio “Penso Dunque Sono”. Ora, al di là delle discussioni su ciò che veramente volesse dire Cartesio con quella frase, sta di fatto che l’uomo contemporaneo è del tutto convito di questa identificazione, talmente convinto che se proviamo a chiederci “Ma io chi sono?” quasi tutti si identificheranno con “la voce nella loro testa”, con il loro pensare, e sembrerà impossibile identificarsi con qualcos’altro. Anche quando la domanda ci viene rivolta da qualcun altro, e cioè anche nei casi in cui ci viene chiesto “Chi sei?”, noi in maniera del tutto naturale rispondiamo con un concetto, e cioè con qualcosa di elaborato dal nostro pensiero: “sono un avvocato”, “sono un medico”, “sono una giornalista”, “sono un cuoco”, eccetera; in sostanza ci identifichiamo con un’attività che svolgiamo. Naturalmente ciò è del tutto falso e fuorviante poiché, se fosse vero, allora nei momenti in cui non svolgiamo l’attività con cui ci identifichiamo noi non dovremmo esistere! E invece siamo anche “figli”, “padri”, “madri”, “automobilisti”, “corridori”, “amici”, “nemici”, “amatori”... In sostanza “siamo” tutta una serie di concetti con cui il nostro pensiero ci “etichetta” e, allo stesso tempo, non siamo soltanto una di queste. E, incredibile, ogni volta che ci identifichiamo con un concetto diverso ci sentiamo e agiamo in maniera diversa, eppure siamo sempre noi. Qualcuno potrebbe pensare di identificarsi con il proprio corpo ma, com'è abbastanza evidente, anch’esso è in costante cambiamento. Per riassumere: noi nella nostra vita, da quando eravamo neonati fino a questo momento, abbiamo cambiato in continuazione pensieri e modi di fare, nonché il nostro corpo; eppure siamo sempre noi! Ma allora, qual è questo minimo comune denominatore che accomuna tutti i nostri cambiamenti facendo sì che “Io sono sempre Io”? Ecco la risposta: è la nostra Coscienza, la nostra Consapevolezza. Il nostro vero essere è ciò che ci rende consapevoli.
Quando siamo consapevoli delle cose e degli eventi che avvengono intorno a noi ci immergiamo nel presente, che nei fatti è l’unica realtà, l’unica cosa che veramente esiste. E quando ciò avviene il continuo “vociferare” nella nostra mente si spegne e noi ci sentiamo bene e siamo più efficienti perché siamo presenti in quello che stiamo facendo. Questo stato gli orientali lo chiamano “illuminazione” giacché entriamo in perfetta armonia con ciò che esiste. Ed è a quel punto che non sentiamo più nessuna esigenza di spiegazione poiché sentiamo che tutto è giusto e, soprattutto, sappiamo esattamente cosa dobbiamo fare istante dopo istante. Tutto si “illumina” appunto.
Continuiamo a correre per cercare “un giorno” il piacere della vita, e non ci rendiamo conto che, invece, quel giorno è Adesso.

micheleputrino@email.it

Foto by skeeze (Pixabay)

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