“Sono d’accordo sul
fatto che per vivere bene bisogna perseguire i propri obiettivi ma… se uno un obiettivo
non ce l’ha?”. Questa domanda, dopo “Visualizzare gli obiettivi”, mi è stata
rivolta da più persone. È
una domanda assolutamente importante. Anzi, è
la Domanda per eccellenza. Di conseguenza è fondamentale dare una risposta che,
per quanto possa sembrare strano, esiste.
Un tempo qualsiasi risposta di questa
natura veniva data dalle grandi religioni tradizionali attraverso il loro
sistema di credenze. Ma oggi che la visione scientifica della vita si è
affermata praticamente in ognuno di noi, è diventato molto difficile per le
nostre menti accettare le vecchie soluzioni del passato. Eppure il problema
esistenziale, nell’essere umano, permane e non può essere risolto dalla scienza
poiché questa descrive, ma non spiega. E non potrebbe essere diversamente,
altrimenti non sarebbe più scienza. Il gioco strano che si è venuto a creare in
questa situazione è, quindi, che continuiamo ad avere bisogno di risposte
esistenziali per poter avere uno scopo, un obiettivo per cui vivere, ma senza
escludere i risultati scientifici. Ci troviamo, in pratica, in quello stato
mentale che Nietzsche ha definito “nichilismo”, cioè in quella condizione in
cui “Manca lo scopo. Manca la risposta al: perché?”. Dunque, come se ne esce da
questa situazione? Innanzitutto facendo nostra un’affermazione che è cara sia
alla scienza che alla filosofia moderna: “Tutto è relativo”. Ogni cosa cambia
di significato cambiando il punto da cui la si guarda. Questo vale non solo per
quanto riguarda la prospettiva visiva (una grossa moneta è circolare se la
guardo frontalmente ed invece è rettangolare se la guardo lateralmente; qual è
la vera forma geometrica della
moneta?), ma anche per lo spazio-tempo (se sono su di un treno in movimento e
lascio cadere una palla questa cadrà verticalmente, mentre per chi osserva da
fuori dal treno il principale movimento della palla sarà orizzontale; qual è il
vero movimento che compie la palla?)
e per le nostre esperienze. Vi è mai capitato di incontrare due amici che sono
stati insieme in un posto e di sentire due versioni completamente diverse degli
stessi eventi che hanno vissuto? Per uno è stata “un’esperienza fantastica!”,
per l’altro, invece, “una palla senza fine…”. Chi dei due è quello onesto? Da
un punto di vista imparziale, tutti e due e nessuno dei due! Eppure una delle
storie risulterà, per noi, più
realistica dell’altra: sarà quella che di più rispecchierà il nostro stato
d’animo in quel momento. Insomma, “tutto è relativo”. Ergo, non esiste nessuna “Verità assoluta”. “Ma sapendo questo,
come faccio io a perseguire seriamente un obiettivo se addirittura so che è solo un
mio punto di vista?”. Ecco, è proprio
questo il punto! Se sapete che ogni cosa
è relativa, allora non vi sembrerà più sciocco e innaturale crearvi su due piedi un obiettivo da perseguire. L’obiettivo di vostro zio, di vostro padre, del vostro capo o del
presidente del mondo non è superiore o migliore del vostro creato ex novo. L’unica differenza tra chi
raggiunge gli obiettivi che si è immaginato e chi no sta nel fatto che, i primi,
i propri obiettivi li hanno affermati con
forza anche contro tutto e contro tutti, invece i secondi si sono limitati
a farli rimanere sogni, avendo paura anche solo di dichiararli. È così che funzionano
le cose: bisogna affermare con tenacia la propria “visione” fino a farla diventare,
lentamente, realtà. C’è però una postilla di cui bisogna assolutamente tenere
conto: per fare in modo che un obiettivo che abbiamo sognato diventi realtà, dobbiamo,
prima di affermarlo con forza, necessariamente “Dire sì alla vita”, per dirla
con le parole dello Zarathustra di Nietzsche. Questo “dire sì” significa accettare
la vita per quello che è: se una cosa accade, per quanto possa andare a nostro
svantaggio, dal suo punto di vista ha
il suo “perché”. Questo significa essere fatalisti? Assolutamente no! Ma
dobbiamo conoscere quali altre forze ci sono in campo: il nostro compito è
quello di “navigare” in perfetto equilibrio affermando con forza la nostra
direzione.
“Trovare un obiettivo” per chi non ne
possiede uno significa, dunque, crearselo:
prendere un’idea che sente giusta e affermarla con forza, tenendo in
considerazione le circostanze. Questo “sentire” è la nostra “forza vitale” che
chiede di essere affermata per poter prendere parte al “grande gioco” e
compare, quasi come per magia, dopo aver vividamente compreso la relatività
delle cose e il “dire sì alla vita”. E “tenere in considerazione le
circostanze”, oltre a quanto già detto, significa tenere in considerazione le
altre persone perché è in un “sistema” composto da altri esseri umani che
viviamo e, per quanto anche questo è pur sempre relativo, è il nostro sistema, la nostra “verità”. Se faremo ciò, e lo faremo bene, allora ridaremo senso alla vita perché, fateci caso, la
parola “senso” significa sia “sensazione” che “direzione”. Dunque “dare senso
alla vita” non significa altro che “dare una direzione alle nostre sensazioni
nella vita”. E chi si crea un obiettivo da perseguire fa esattamente questo,
facendo sparire ogni stato d’ansia e trovando un’energia e una voglia di vivere
che nemmeno immaginava di possedere.
micheleputrino@email.it
micheleputrino@email.it
Magari... speriamo che riesca a ritrovare quel senso che mi è sfuggito pian piano senza far rumore, così, come una piuma al vento
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