Quando si parla di linguaggio del
corpo alla maggior parte delle persone viene in mente qualcuno che,
osservandoti, capisce cosa stai pensando. Questa cosa, se da una parte
affascina, dall’altra inquieta parecchio. Già perché a nessuno piace apparire
come “un libro aperto”. E allora ecco accadere una cosa alquanto strana: da una
parte le persone sono attratte da volumi e film sull’argomento, dall’altra si
sentono parecchio a disagio quando si ritrovano a parlare faccia a faccia con
un “esperto” della materia. A ben pensarci questo disagio non è poi così
ingiustificato: basta entrare in una libreria e gettare un’occhiata nel reparto
“Linguaggio del Corpo” (presente ormai quasi sempre) per accorgersi che quasi
tutti i volumi hanno titoli che dicono in sostanza cose del tipo: “Vuoi
scoprire se la persona che ami ti racconta delle bugie? Leggi qui e lo
scoprirai!”. Naturalmente non c’è niente di male nell’insegnare delle tecniche
per capire se l’altro ci sta mentendo, ma ridurre soltanto a questo il
linguaggio del corpo significa perdersi il meglio che la conoscenza di questa
forma di comunicazione può dare. Infatti il linguaggio del corpo, oltre a “smascherare
i bugiardi”, se ben utilizzato può trasformare le nostre relazioni con gli altri
da dure e “sanguinarie” a piacevoli e costruttive. Non solo. Un corretto
utilizzo del nostro linguaggio del corpo può portare il nostro stato emotivo da
cupo e angoscioso a felice e positivo. Sembra incredibile vero? Allora fate un
esperimento proprio adesso: abbassate le spalle e la testa come se qualcuno vi
avesse caricato addosso qualcosa di veramente pesante... vi sentite più tristi
vero? Adesso provate a raddrizzare le spalle e la schiena, a portare in dentro
la pancia e il mento in su: sono certo che vi sentite meglio, più fieri e forse
anche po’ spavaldi. E tutto questo soltanto cambiando una semplice postura! È
qualcosa di stupendo eppure quasi nessuno pone l’accento in modo significativo
su questo aspetto del linguaggio del corpo. “Quasi” nessuno, perché qualcuno c’è
e si tratta di uno dei massimi esperti italiani in materia. Marco Pacori con il
suo ultimo libro I Segreti dell’Intelligenza
Corporea (edito da Sperling & Kupfer) è riuscito a condensare in un
unico volume non tanto le tecniche (descritte ormai in decine e decine di altri
testi), bensì la filosofia e la potenza positiva del linguaggio del nostro corpo
al fine di consentirci di essere “più positivi” e quindi di sentirci “più vivi”.
«Passando
attraverso la stimolazione dei sensi» scrive Pacori, «la percezione della
tensione muscolare, i gesti e le posture si è appurato che è possibile agire
sulla mente. [...] mente e corpo [...] sono un sistema integrato, in cui quello
che avviene nel corpo influenza la mente e viceversa». Se a qualcuno di voi
quest’affermazione può suonare “ovvia”, sappiate che dai tempi di Platone fino
a praticamente qualche decennio fa “ovvio” era il “fatto” che mente e corpo
fossero due cose completamente separate! Questa visione ha implicato tutta
serie di conseguenze psicologiche, esistenziali e sociali nell’arco dei secoli
e che ci trasciniamo ancora oggi. In ogni caso ciò che a noi adesso interessa è
il fatto che tra mente e corpo esiste un continuo feedback. Ma se così stanno le cose – e se quindi le idee che ci
vengono in mente non vengono “prese” da un mondo trascendentale – come facciamo
a pensare? «[...] il pensiero» continua Pacori «può essere influenzato o
condizionato dalle sensazioni, dallo stato del corpo e dall’ambiente fisico
[...] le idee, in buona parte, nascono da una percezione sensoriale o motoria».
In sostanza il nostro cervello riceve le sensazioni dai nostri cinque sensi che
riutilizza per pensare e immaginare qualcosa che nella percezione immediata non
esiste. Ad esempio: perché se guardo un disegno in cui è rappresentata una nave
spaziale ai confini del sistema solare con degli uomini che guardano fuori dall’oblò
percepisco un miscuglio di sensazioni come l’eccitazione per il nuovo, la paura
dell’ignoto, la paura della morte eccetera se (ancora) i viaggi interplanetari
umani nemmeno esistono? Il motivo è semplice: perché il mio cervello identifica
l’uomo all’interno dell’astronave con me stesso, il nero dell’universo con l’ignoto,
la nave spaziale con il viaggio e, facendo una somma e traendo dal tutto un “minimo
comune denominatore” trova un significato
emotivo a quello che sto guardando. Esiste una parola che identifica tutta
questa “operazione”: è Metafora. E
infatti, continuando a leggere il bel libro di Pacori troviamo scritto: «[...]
esiste una sorta di “terra di mezzo” che fa da ponte tra pensiero e percezione
sensoriale: le metafore. Nel linguaggio comune gli anni possono essere “verdi”,
le giornate “piene” e ogni momento quello “buono”: si tratta di forme del
linguaggio utili per rendere comprensibile un messaggio di per sé astratto. La
metafora implica una comprensione in cui una parola o una frase usata
abitualmente o principalmente per definire qualcosa viene utilizzata per
esprimere qualcos’altro. [...] la
metafora suggerisce che due cose diverse sono la stessa cosa». E ancora: «Proprio
grazie alle metafore riusciamo a comprendere i pensieri astratti dando loro “sostanza”,
cioè rappresentandoli sotto forma di esperienze concrete... tanto concrete che
nel momento in cui usiamo una metafora viviamo realmente l’esperienza
sensoriale che descrive. [...] La ragione
non è disgiunta dal corpo [...] ma
trova le sue origini nel corpo e nell’intelligenza corporea (corsivo mio)».
Ci sarebbero
ancora tante altre cose importanti da evidenziare del libro di Pacori che
purtroppo in una recensione, per ovvi motivi, è impossibile fare. Invito
comunque chiunque volesse approfondire l’argomento a leggere I Segreti dell’Intelligenza Corporea.
Arricchirà di certo il corpo e lo spirito.
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