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Per quanto
impietose siano le parole di Trabucchi, un occhio attento alla realtà non può
che costatare la loro veridicità. Il non riuscire più ad affrontare anche la
più piccola difficoltà, lo spaventarsi alla prima ombra di minaccia, l’avere
costantemente paura sembra siano
diventate componenti primarie di noi uomini e donne della modernità. Eppure c’è
stato un tempo in cui il coraggio, la capacità di non arrendersi, la voglia di
rialzarsi a ogni caduta, di non dimostrarsi timorosi di fronte alle difficoltà
e, se necessario, il soccombere a testa alta davanti a forze superiori alle
nostre erano considerate tra le caratteristiche migliori della natura umana. Infatti,
così continua Trabucchi: «[...] la capacità di non mollare, quella di tenere
duro rimanendo motivati di fronte alle difficoltà. Lo spirito di sacrificio e
la capacità inesausta di rialzarsi. E quella di riuscire a non smettere di sperare
contro ogni evidenza. [...] Gli antichi chiamavano questa caratteristica “forza
d’animo”, ed essa coincide per molti versi con una delle quattro virtù
cardinali, la fortezza (Fortitudo)». Già,
la fortezza. La domanda è: che fine
ha fatto?
Parlare oggi di “forza d’animo” sembra sia diventato tabù
perché, a quanto pare, si rischia di apparire come individui “duri e spietati” se lo si fa,
mentre oggi, almeno a vedere ciò che circola per la maggiore sui social network,
è dogma assoluto apparire come “dolci e zuccherosi” per poter rientrare nella
categoria degli “umani”. Essenzialmente non si riescono a comprendere due cose quando si
compie questa confusione: la prima è che una
persona che ha “forza d’animo”, “coraggio”, “assenza di paura”, non è un essere
“disumano dal cuore di pietra” ma, al contrario, in genere si tratta di una
persona che ha una visione della vita
che va al di là delle semplici cose contingenti, che sente la propria vita
parte di un “flusso” che inevitabilmente si deve realizzare; la seconda è che,
piaccia o meno, dolore, sofferenza e morte fanno parte integrante della vita e,
chi non impara ad affrontarle, accettarle e integrarle nell’armonia degli
accadimenti quotidiani, è fatalmente condannato a un perenne stato di ansia e
di stress e, quindi, a vivere perennemente in un incubo dove soltanto momenti
di intensa esaltazione – o la speranza di poter mettere fine in qualche modo
alla propria vita – può per un istante alleviare la contorsione dello stomaco
che sembra volersi divorare da sé.
Esiste una
soluzione a tutto ciò o anche qui, come in migliaia di altri scritti d’innumerevoli
autori, ci si limita a “denunciare” il problema senza dare una soluzione? Di
soluzioni, in realtà, soprattutto in questi ultimi tempi, ne vengono date a
centinaia ogni anno (basta vedere il numero di pubblicazioni di volumi self-help presenti negli scaffali delle
librerie), ma tutte purtroppo, bene che vada, dal tratto prettamente
tecnico-psicologico. Queste tecniche non risolvono la questione non perché sono inefficaci o non
funzionati; il problema è un altro, e cioè che hanno una funzionalità limitata
nel tempo. Quello che serve veramente oggi agli esseri umani è una “visione del
mondo” che faccia comprendere e accettare il fatto che tutto il mondo è un
continuo gioco di forze, che delle
volte si alleano e altre volte si scontrano, e che noi siamo una di queste forze. Essere “una forza” in questo mondo
significa lottare continuamente per affermarsi e spingere sempre più avanti verso la propria strada, cercando sul
proprio cammino altre forze della nostra stessa natura per diventare, in un
tutt’uno, una forza ancora più grande. Ma una forza sa che il mondo è un
continuo flusso di forze, e questo significa che ce ne sono e sempre ce ne saranno di opposte alla nostra direzione e con cui ci ritroveremo a scontrarci,
e forse a vincere, e forse a perdere... Ma in ogni caso, colui o colei che ha consapevolezza che così è la realtà, che
questo è il “gioco” in cui si trova a “giocare”, sente che è sua necessità continuare a lottare con tutte le forze che ha in corpo perché egli è, per
natura, una forza e, in quanto tale, non può fare a meno di continuare a spingere in avanti, non può fare a meno di cercare
di crescere e affermarsi, non può fare a meno di essere.
"Siamo finiti su una lastra di ghiaccio dove manca l'attrito
e perciò le condizioni sono in un certo senso ideali, ma appunoto
per questo non possiamo muoverci. Vogliamo camminare;
dunque abbiamo bisogno dell'attrito.
Torniamo sul terreno scabro!"
Ludwig Josef Johann
Wittgenstein
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