Il problema: l’Incompatibilità
Quando
vediamo una coppia che “non va d’accordo” in genere li sentiamo dire “non siamo
compatibili”. Ebbene, la cosa particolare in ciò è che all’inizio,
evidentemente, questo problema non c’era, anche perché altrimenti non si
sarebbero legati in una relazione. Ma allora, cos’è successo con il trascorrere
del tempo? Una cosa di cui quasi nessuno si rende mai conto: si è smesso di
vedere le caratteristiche dell’altro
o dell’altra come delle “cose meravigliose” che potevano allargare la propria
esperienza della vita per finire, invece, nell’identificarle come cose
negative. In sostanza, si è passati dal “mi piaci perché le tue differenze mi
conducono oltre l’orizzonte”, al “non ti sopporto perché sei diverso/diversa da
me”. Come si vede, il problema reale di fondo non risiede nella personalità
dell’altra persona, bensì semplicemente nel vedere come differenze cose che prima erano considerate come positive e costruttive novità. Soltanto
prendendo consapevolezza di ciò è possibile far tornare una relazione sana, giacché un matrimonio ha successo
soltanto quando, invece di disprezzare, una coppia valorizza le differenze. Infatti, come scrive giustamente Stephen
Covey, uno dei massimi esperti di relazioni umane al mondo, «[Se, in un
rapporto, due persone] vedono le differenze come una minaccia, ci saranno dei
problemi. Se invece si compiacciono delle differenze, apprezzando il fatto di
potersi conoscere l’una con l’atro e scoprire cosa c’è d’insolito nel partner,
la loro unione prospererà». Naturalmente, quando si parla di “compiacere le
differenze” si sottintende che siano cose sane
e costruttive.
Per
poter compiere nella realtà quotidiana questo “cambio di prospettiva” è
assolutamente necessario imparare a fare due cose, e cioè imparare a gestire le proprie reazioni impulsive e riconoscere l’importanza dell’individualità
unica dell’altra persona. Vediamo come si fa.
Gestire i propri impulsi
Il
motivo principale per cui reagiamo male a una provocazione è sempre lo stesso:
se qualcuno prova a demolire l’importanza della nostra personalità, rispondiamo
in automatico demolendo quella di colui o colei che ci attacca. E così, proprio
come nelle faide di mafia, cadiamo in una spirale distruttiva senza fine, dove
ne usciranno sconfitte ambedue le parti. Dunque la prima mossa da compiere prima di re-agire a una provocazione è
rendersi conto che tra lo stimolo e la risposta c’è uno “spazio temporale” in
cui possiamo decidere come rispondere. Questo ci permetterà di trasformare le nostre emozioni in qualcosa
di positivo invece di trattenerle o esplodere in modo irrazionale.
Ovviamente, in questo “spazio temporale” dobbiamo cercare di comprendere il punto di vista dell’altro.
Riconoscere l’individualità
dell’altra persona
Ognuno
di noi è una personalità unica, e per questo motivo ha un perché ben preciso
per cui è venuta al mondo, anche se noi non lo comprendiamo. Di conseguenza,
per “amare” qualcuno è necessario, prima di tutto, riconoscere la sua unicità.
Come scriveva, infatti, Dostoevskij: «Amare qualcuno significa vederlo come era
nelle intenzioni di Dio». Vederlo come vorremmo che fosse secondo i nostri
canoni e le nostre idee significa, al contrario, vederlo come un mezzo per i
nostri fini, come un oggetto.
Invece di
“etichettare” e paragonare il proprio compagno, la propria compagna o i propri
figli ad altri, bisognerebbe valorizzare le loro caratteristiche e le loro
personalità. Se faremo questo, anche gli altri faranno così con noi e ci
avvieremo insieme verso la costruzione di qualcosa di bello e di nuovo.
Una famiglia e una società
migliore
Rispettandoci
e apprezzandoci a vicenda, dunque, svilupperemo un legame emotivo di volta in
volta sempre più forte. Questo “legame speciale” gli psicologi lo chiamano empatia. E gli psicologi, oltre ad aver
assegnato un nome a questo fenomeno, hanno scoperto un’altra cosa: l’empatia è
contagiosa. Più, infatti, siamo circondati da persone empatiche e più anche noi
stessi diventiamo empatici. E qual è il primo luogo dove sviluppare l’empatia
se non, appunto, la famiglia? Ma, attenzione, non basta essere “empatici” per
creare qualcosa di buono, di “migliore”. È necessario che l’empatia diventi sinergia, e cioè dar vita a qualcosa di
più della somma delle parti. E questa sinergia
può avvenire, appunto, soltanto apprezzando e valorizzando le differenze delle
persone che ci circondano fino a costruire una casa più bella e più grande.
Dobbiamo sempre ricordarci infatti che una casa è composta non solo mattoni ma
anche da finestre, da tubi, da cavi elettrici e da un’altra innumerevole
quantità di elementi estremamente differenti tra di loro.
In
conclusione, se riusciremo a realizzare tutto ciò nella nostra famiglia, allora
ci saremo avviati a vivere anche in una società migliore giacché, come dichiarò
la Commissione sulla Famiglia per conto del presidente USA: «La famiglia è la
prima e la più importante istituzione della società: un vivaio di impegno,
d’amore, di carattere e di responsabilità, sia sociale che personale».
Michele Putrino
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