Tutti noi siamo molto propensi a definirci “persone pragmatiche”. Con
questo di solito vogliamo sottintendere che crediamo soltanto a ciò che
vediamo, poiché la realtà è oggettiva e, chi si scosta da questa realtà, oltre
a essere con “qualche rotella fuori posto” si condanna a non ottenere niente. Crediamo
così perché questo è ciò che la nostra esperienza ci insegna. “Oggi non viviamo
più nel medioevo... e poi c’è la scienza a dimostrarci ciò che è reale e ciò che
non lo è”. Ebbene, forse qualcuno si stupirà nel sapere che oggi è proprio la
scienza a dirci che la realtà è meno fissa di quanto fino ad adesso si sia creduto.
Grazie
ai progressi tecnologici compiuti, negli ultimi decenni si è venuta a creare
una nuova branca della scienza che, non soltanto sta rivoluzionando il mondo
scientifico, ma nel prossimo futuro rivoluzionerà il nostro modo di concepire e
vivere la vita: è la Neuroscienza. Un’affermazione un po’ troppo esagerata?
Vediamo di capire di cosa stiamo parlando.
Uno
dei principi fondamentali della neuroscienza è che il cervello non è
semplicemente ciò che ereditiamo dai nostri geni, bensì è neuroplastico, cioè
le connessioni che si creano tra i nostri neuroni avvengono sulla base delle
nostre esperienze e di ciò che impariamo. Facciamo un esempio classico. Nei
primi tempi in cui stavate imparando a guidare la macchina, la cosa molto
probabilmente vi deve essere sembrata un’impresa impossibile. Sistemare lo
specchietto retrovisore, mettere la cintura, schiacciare la frizione, inserire
la marcia, accendere la macchina e bilanciare la frizione con l’acceleratore:
già coordinare tutto ciò in pochi secondi appariva come un’impresa titanica. Il cuore
batteva all’impazzata e sudavate, anche se fuori era pieno inverno! Chi di noi
non ha pensato almeno per un istante che non sarebbe mai riuscito nemmeno a
farla muovere? Per non parlare poi di quando eravamo effettivamente sulla
strada: il terrore di compiere qualche errore e combinare qualche irrimediabile
disastro era costante in noi anche molti giorni dopo aver conquistato l’ambita
patente. Addirittura qualcuno avrà pensato di parcheggiarla e di non prenderla
più: “È impossibile vivere
con questo terrore!”. Eppure, un bel giorno, senza nemmeno accorgervene, tutte
queste paure svanirono all’improvviso e guidare la macchina è diventato quanto
di più naturale e spontaneo. Che cos’è successo? Un miracolo? Naturalmente no.
La cosa è molto meno “spirituale” di quanto possa sembrare. Semplicemente, i
neuroni che avete nella scatola cranica addetti alle singole azioni (guardare
lo specchietto, schiacciare la frizione, inserire la marcia, ecc…) hanno
iniziato a connettersi tra di loro, fino a creare una rete. Questa rete, dal momento in cui viene costituita, comincia a
compiere l’azione in maniera del tutto automatica, senza il necessario
intervento della vostra coscienza. In pratica, per utilizzare una terminologia informatica,
avete programmato il vostro cervello.
E questo è avvenuto ogni volta che avete imparato a fare qualcosa di nuovo e
che oggi svolgete in maniera del tutto inconscia.
Quello
che può risultare veramente “magico” di questo “sistema” è che potete imparare
a fare qualcosa di nuovo, fino a farlo diventare naturale, senza la
necessità di viverlo praticamente. Per poter compiere questa “magia” sono
necessari soltanto due elementi che già possedete per natura: la vostra vivida immaginazione e la vostra focalizzata attenzione. Il prodotto tra
questi due fattori è ciò che generalmente viene definito con la parola Visualizzazione.
Se
tra venti giorni dovete tenere un discorso di fronte a una platea di un
centinaio di persone e non avete mai parlato in pubblico, come fate a evitare
di farvi venire un infarto al secondo gradino del palco? Semplice:
visualizzando più e più volte l’evento come se stesse avvenendo sul serio. E
questo perché, immaginando, i vostri neuroni inizieranno a “fare rete”
ugualmente, ma solo e soltanto se si presterà una forte attenzione a ciò che state
facendo. Come precisa il professor Michael Merzenich, dell’Università della
California, prestare una forte attenzione a ciò che stiamo immaginando significa
calarsi talmente tanto nella parte immaginata da viverla come se fosse
reale: se tocco qualcosa nell’immaginazione devo sentire quel tocco, se mi agito devo sentire quell’agitazione e così via. Agendo così creeremo delle connessioni talmente forti che quando
vivremo realmente l’evento la nostra mente non andrà in panico perché l’azione
risulterà come un evento di routine, proprio com'è per noi il guidare la
macchina.
A
questo punto penso sia facile immaginare quanto rivoluzionaria potrebbe essere
per le nostre vite la Visualizzazione, se entrasse a far parte del nostro
quotidiano. E teniamo bene in mente il fatto che quanto detto è soltanto un
piccolo accenno di ciò che la Visualizzazione, e più in generale il nostro
Cervello e la nostra Mente, ci possono consentire di fare se solo imparassimo a
utilizzarli bene, senza la necessità di essere degli scienziati.
È incredibile come
queste capacità erano già state intuite in qualche modo dagli antichi.
Aristotele diceva: «Noi siamo quello che facciamo ripetutamente», così come il
Buddha: «Siamo quello che pensiamo». Ancora una volta, la scienza arriva solo a
confermare ciò che la profondità dello spirito umano aveva già colto dal
giardino dell’Armonia.
micheleputrino@email.it
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