Per
molto tempo la Mente e il Corpo sono stati concepiti come del tutto
indipendenti l'una dall'altro. Questa suddivisione risale ai tempi
più remoti. È
sufficiente pensare al fatto che già gli antichi greci concepivano
l'essere umano come composto di tre parti, e cioè “spirito”,
“anima” e “corpo” (a questa suddivisione è dovuto il nome
generico di “animali” per gli altri esseri viventi dato che si credeva possedessero sì l'anima ma non lo spirito poiché, sempre secondo la
concezione antica, quest'ultimo appartiene soltanto agli esseri
umani). Questa ripartizione – per quanto inizialmente fosse
soltanto “convenzionale”, nel senso che consentiva di chiarire
meglio alcuni quesiti che i filosofi si ponevano – con il
trascorrere dei secoli si è sempre più radicata nella mentalità
degli uomini, tanto che molti sono arrivati a credere che tutto ciò
che è mentale “è bene” (giacché innalza sempre più verso
una vita “divina”) e, di conseguenza, tutto ciò che è corporeo
“è male” (perché trascina verso lo stato animale
l'essere umano). Alla luce delle conoscenze scientifiche di cui
disponiamo oggi, appare evidente che una tale concezione della vita
non può che risultare distruttiva.
giovedì 29 maggio 2014
martedì 20 maggio 2014
Ancora un altro passo
Alcune
mattine ci alziamo e le prime cose che ci vengono in mente sono le
difficoltà che dovremo affrontare nei prossimi mesi o, addirittura,
nei prossimi anni. Ciò che potrebbe accadere nel futuro ci
ossessiona. E così facendo ci alziamo terrorizzati e pieni di ansia
perché “è tutto troppo più grande di me”. Percepiamo gli
eventi futuri come enormi mostri che attendono pazienti una sola
cosa: torturarci nei modi più orrendi per farci provare le
sofferenze più atroci, prima di dar fine alla nostra vita nel modo
più squallido possibile. Questo non accade soltanto appena svegli,
ma anche molte volte durante la giornata. Magari si presenta un
piccolo imprevisto ed ecco sentire lo stomaco chiudersi a riccio, il
cuore pompare sangue a più non posso e i muscoli del corpo
trasformarsi in corde di violino; ci sentiamo come persi nel nulla
più assoluto, come trascinati da un mostro marino nei più profondi
abissi. E tutto questo soltanto perché, per un motivo o per l'altro,
siamo ossessionati dal nostro futuro. È dunque sbagliato, come
sostengono alcune filosofie e “linee di pensiero”, guardare e
progettare un proprio futuro? Naturalmente no: è nella natura di noi
esseri umani avere una meta da raggiungere affinché il nostro
vissuto quotidiano abbia un senso. Il problema, dunque, non risiede
nel futuro in sé, bensì nel come
lo
affrontiamo.
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