martedì 26 maggio 2015

Cosa significano le mani dietro la schiena?

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Molte volte quando parliamo con qualcuno che ha le mani dietro la schiena ci insospettiamo. Perché? La risposta è semplice: da bambini i nostri amici, o gli adulti, si mettevano in quel modo perché tenevano qualcosa in mano che non volevano farci vedere (gli amici perché temevano che l’avremmo voluta noi e gli adulti per farci una sorpresa). Con gli anni dunque abbiamo imparato a considerare le persone che tengono le mani dietro la schiena come non sincere e che cercano in qualche modo di raggirarci. In realtà non è affatto così. Anzi, tutt'altro.

Come scrive giustamente Francesco Di Fant, uno dei massimi esperti italiani di linguaggio del corpo, «chi mette le mani dietro la schiena mostra, in realtà, di non avere timore; è come se volesse dire: “Guardate! Non ho nulla da nascondere e non ho bisogno di difendermi con le braccia dai vostri attacchi, non sono un pericolo e allo stesso tempo non ho paura”». Questo significato “più profondo” del gesto di mettere le mani dietro la schiena risale a un periodo molto più remoto rispetto alla nostra infanzia, e cioè da quando, per poter sopravvivere nelle foreste, i nostri antenati erano obbligati ad attaccare e a difendersi “allungando le braccia” (naturalmente questo vale ancora oggi in alcuni ambienti e situazioni). Ne consegue, dunque, che quando vediamo qualcuno “allungare le braccia” la nostra parte più primitiva e istintiva reagisce interpretando quell'azione come un attacco nei nostri riguardi o come un tentativo di difesa; al contrario, quando il nostro interlocutore mette le mani dietro la schiena, la sua parte primordiale vuole farci capire, appunto, che non ci teme né, tantomeno, che abbia intenzione di attaccarci.
Insomma, come molto spesso accade, le apparenze ingannano. Quindi la prossima volta che avete di fronte qualcuno che ha le mani dietro la schiena non guardatelo con sospetto: è molto probabile invece che sia una persona di cui potersi fidare.

micheleputrino@email.it

Foto by Ddouk (Pixabay)

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