«Discendiamo
da gente che è sopravvissuta a un'infinità di predatori, guerre,
carestie, migrazioni, malattie e catastrofi naturali e che ci ha
trasmesso i propri geni. Oggi, tra le tante promesse da rotocalco,
c'è posto anche per chi parla di “eliminare lo stress”. Non solo
ciò è impossibile, ma sarebbe anche inutile: noi siamo costruiti
per convivere quotidianamente con lo stress. […] è la resilienza a
essere la norma negli esseri umani, non la fragilità. […] Il
termine “resilienza” proviene dalla metallurgia: indica, nella
tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle
forze che vi vengono applicate. Per un metallo la resilienza
rappresenta il contrario della fragilità. Così anche in campo
psicologico: la persona resiliente è l'opposto di una facilmente
vulnerabile. […] [In sostanza indica] l'atteggiamento di andare
avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà».
Queste
magnifiche parole, tratte dall'ottimo libro di Pietro Trabucchi
Resisto
Dunque Sono,
racchiudono in sintesi cosa la vita è nei fatti: un gioco duro in
cui bisogna imparare ad amare l'atto di avanzare sempre più e,
quindi, a resistere.
L'attuale
civiltà avanzata in cui ci ritroviamo a vivere ha molti pregi per la
quale dovremo essere sempre grati ai nostri predecessori, ma ha anche
in sé alcuni difetti che ci impediscono di vivere degnamente; tra
questi spiccano certamente auto-compassione, auto-indulgenza,
esagerato consumismo e, ultimo ma non meno importante, smisurato
egocentrismo. Perché queste caratteristiche sono dei difetti? Perché
ognuna di esse ci allontana sempre più dallo spirito di sacrificio,
fattore fondamentale per affrontare con una certa serenità gli
eventi della vita. Sembra una contraddizione in termini “sacrificarsi
per vivere sereni”, eppure è così.
«Fa
comodo anche a noi»
continua Trabucchi «condividere
una visione di noi stessi deboli e inermi sotto i colpi della vita;
perché questo ci permette di non impegnarci a fondo, di non
prenderci fino in fondo tutte le responsabilità. E, alla fine, ci
consente pure di lamentarci. Tutti gli esseri viventi, di fronte agli
stimoli ambientali, si adattano o muoiono; gli unici che contemplano
una terza possibilità, quella di auto-commiserarsi, sono gli esseri
umani».
Sono parole dure, ma sono parole vere.
In realtà, se ci fermiamo a riflettere, possiamo notare che, a lungo
andare, ci crea più sofferenza l'auto-commiserazione che l'imparare a
resistere ai duri colpi della vita e a proseguire per la nostra
strada con tenacia senza arrenderci. Un piede senza calli si ferisce facilmente, ma i
calli si ottengono soltanto dopo innumerevoli colpi.
Tutto
questo significa diventare “insensibili”? Assolutamente no!
Troppe volte e da troppe persone è stato frainteso il concento di
“essere persone tenaci” con “essere persone fredde e ciniche”.
Se si fa questo si perde il principio primo che consiste nell'essere
in armonia con il Tutto e, quindi, si perde il sapore della vita; se
facciamo questo diventiamo soltanto delle spietate e fredde macchine
calcolatrici che nulla hanno a che fare con l'umano. No, non è
questo. Dobbiamo imparare a essere persone coraggiose, tenaci e resistenti
proprio per il motivo contrario, e cioè perché è il modo giusto di
agire per assicurare un futuro prospero alle persone che più amiamo,
a cominciare dai nostri figli fino a quegli occhi che incontriamo per
caso per strada che ci regalano quel sorriso che, seppure per un
istante, ci riempiono di gioia; dobbiamo lottare perché ogni passo in più che compiamo contro mille avversità riempie di senso la
nostra vita; dobbiamo lottare perché l'universo è in eterna
espansione e soltanto chi vive in armonia con esso, seguendo la sua
stessa corrente, viaggia verso la giusta direzione; dobbiamo lottare perché se vogliamo essere amati dobbiamo imparare ad amare, e si ama
sempre soltanto chi è disposto a sopportare mille sacrifici per
difendere questo amore.
Imparare
a resistere non è una possibilità che si può o no scegliere nella
vita. Imparare a resistere è una necessità che bisogna assumere
come certezza se si vuole vivere, perché vivere è come camminare:
c'è bisogno dell'attrito per poterlo fare.
Michele Putrino
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