«Se
la sofferenza è la conseguenza di una colpa suscettibile di
redenzione, questa terra e l'esistenza che su questa terra si compie
sono vissute come un transito.
[…] A differenza della visione greca, per la quale la vita è
insieme crudeltà e bellezza, la visione giudaico-cristiana, con la
promessa della liberazione futura, ha potuto farsi carico e
immedesimarsi con tutta la sofferenza degli uomini, vanificando la
bellezza della vita terrena in quanto vita transeunte e denigrando
questo mondo in quanto mondo di dolore. […] Se il dolore è il
pegno della salvezza, […] all'etica della forza e della
moderazione, all'etica della dignità dell'uomo che deve saper
reggere il dolore […] la concezione cristiana, dopo aver riposto
nel dolore la garanzia della salvezza, chiede di amare il dolore
perché la sofferenza del presente è la caparra per il futuro».
Così scrive, nell'ultimo capitolo del suo importante libro
Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto (Feltrinelli
Editore), il grande filosofo e psicanalista di fama
mondiale Umberto Galimberti.
Io
mi occupo di motivazione, e questo significa che tutto ciò
che faccio è completamente votato al tentativo di far ritrovare alle
persone le giuste motivazioni per agire e vivere con energia, anche
quando si presentano problemi e difficoltà. Ebbene, più me ne
occupo e più mi rendo conto che non è possibile trovare le “giuste
motivazioni” se non si capisce in quale stato mentale siamo tutti
immersi. Ne siamo così tanto immersi da esserci convinti che molti
“stati mentali” e “reazioni emotive” sono del tutto
connaturati alla natura umana e quindi normali. Non è affatto così
e questo libro di Galimberti ci aiuta a capire cos'è successo e,
quindi, come stanno veramente le cose.
«Il
cristianesimo», dice Galimberti in una delle conferenze in cui
presentava il libro (alla fine dell'articolo allego il video con la
conferenza completa che vi invito a vedere), «ha
desacralizzato il sacro attraverso l'incarnazione… Dio si fa uomo.
Una volta che si fa uomo mancherà poco che gli uomini
progressivamente si faranno Dio. E tutta la storia cristiana è una
storia caratterizzata da questo, dalla progressiva creazione del
mondo che sostituisce all'atto creativo di Dio la creazione
dell'uomo. Noi oggi viviamo in un mondo artificiale creato dall'uomo,
non più in un mondo naturale». In sostanza, tutto il mondo in cui
viviamo noi oggi altro non è
se non il frutto della visione del mondo cristiana. E infatti
troviamo scritto nel libro: «Introducendo la figura della salvezza,
il cristianesimo ha prodotto una radicale trasformazione
antropologica: […] la dimensione ottimistica che guarda al tempo
futuro con fede e speranza.
Viene
così modificata la concezione del tempo: […] lo sguardo [viene]
proiettato sull'ultimo giorno dove troverà attuazione la promessa
salvifica.
[…]
Anche nel tempo della secolarizzazione, che prende avvio con
l'età moderna, la triade cristiana colpa-redenzione-salvezza
continua a essere l'asse portante che permea di sé lo spirito della
scienza, della sociologia, della psicologia e in generale di tutte le
espressioni culturali dell'Occidente».
Come
si vede tutta questa esigenza di un futuro in cui “tutti i problemi
si risolveranno” –
nonché il dare estrema
importanza e teatralità al dolore e alla sofferenza –
non è affatto innata nell'uomo, bensì è una convinzione o, per
dirla con una terminologia più tecnologica,
un “programma mentale” installato
dal movimento cristiano da ormai duemila anni che, ironia delle
ironie, niente ha a che fare con il messaggio evangelico giacché
tutta quella “visione del mondo”, che si è diffusa sotto la
bandiera del cristianesimo, altro non è se non la filosofia che
Platone ha creato ben quattrocento anni prima della nascita di Gesù
di Nazareth. E infatti così
Galimberti conclude il suo libro: «Dopo aver svuotato il cielo da
quella figura nella sua ambivalenza così inquietante che è il
sacro, dopo averla sostituita con la figura più rassicurante di Dio
[…], dopo aver fatto scendere Dio dal cielo per parlare d'amore su
questa terra, il cristianesimo ha costruito la sua teologia non sul
messaggio di Cristo, ma sulla logica e la metafisica
platonico-aristotelica, che nel suo crollo ha trascinato con sé
anche il Dio cristiano. A questo punto il cielo si è fatto vuoto e,
alzando gli occhi al cielo, altro non è dato scorgere se non il
nulla che, come una notte nera e senza stelle, spegne anche lo
sguardo». Potrebbero sembrare parole oscure e incredibilmente
pessimiste ma non è affatto così. Come si sa, soltanto dopo il
trascorrere della notte è possibile veder sorgere il giorno. E
infatti si vedono già sbocciare i primi fiori: l'attenzione delle
nuove generazioni e anche dei più accorti studiosi si sta spostando
sempre più sul corpo, sulla natura e sul vivere nel presente, non
illudendosi più che “dovrebbe essere tutto rose e fiori” ma
prendendo ogni giorno sempre più consapevolezza che la vita è fatta
di cose belle e di cose brutte e che… è giusto così perché così
è la Natura. Esiste un altro bel libro, uscito da poco e che sta
avendo un grande successo nel mondo, che sembra la naturale
continuazione del testo di Galimberti poiché dà risposte alla
naturale domanda che sorge: “E adesso?”; il libro è Cosmo
di Michel Onfray, ma ne
parleremo un'altra volta.
Per ora vi lascio con delle
magnifiche parole di Philip
K. Dick che
racchiude, in modo molto poetico, una grande verità:
"L'universo
non avrà mai fine, perché proprio quando sembra che l'oscurità
abbia distrutto ogni cosa, e appare davvero trascendente, i nuovi
semi della luce rinascono dall'abisso."
Qui di seguito la lectio magistralis tenuta da Umberto Galimberti a Macerata nel 2013:
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