venerdì 16 ottobre 2015

Come Migliorare le Relazioni in Famiglia


Il problema: l’Incompatibilità

Quando vediamo una coppia che “non va d’accordo” in genere li sentiamo dire “non siamo compatibili”. Ebbene, la cosa particolare in ciò è che all’inizio, evidentemente, questo problema non c’era, anche perché altrimenti non si sarebbero legati in una relazione. Ma allora, cos’è successo con il trascorrere del tempo? Una cosa di cui quasi nessuno si rende mai conto: si è smesso di vedere le caratteristiche dell’altro o dell’altra come delle “cose meravigliose” che potevano allargare la propria esperienza della vita per finire, invece, nell’identificarle come cose negative. In sostanza, si è passati dal “mi piaci perché le tue differenze mi conducono oltre l’orizzonte”, al “non ti sopporto perché sei diverso/diversa da me”. Come si vede, il problema reale di fondo non risiede nella personalità dell’altra persona, bensì semplicemente nel vedere come differenze cose che prima erano considerate come positive e costruttive novità. Soltanto prendendo consapevolezza di ciò è possibile far tornare una relazione sana, giacché un matrimonio ha successo soltanto quando, invece di disprezzare, una coppia valorizza le differenze. Infatti, come scrive giustamente Stephen Covey, uno dei massimi esperti di relazioni umane al mondo, «[Se, in un rapporto, due persone] vedono le differenze come una minaccia, ci saranno dei problemi. Se invece si compiacciono delle differenze, apprezzando il fatto di potersi conoscere l’una con l’atro e scoprire cosa c’è d’insolito nel partner, la loro unione prospererà». Naturalmente, quando si parla di “compiacere le differenze” si sottintende che siano cose sane e costruttive.

Per poter compiere nella realtà quotidiana questo “cambio di prospettiva” è assolutamente necessario imparare a fare due cose, e cioè imparare a gestire le proprie reazioni impulsive e riconoscere l’importanza dell’individualità unica dell’altra persona. Vediamo come si fa.


Gestire i propri impulsi

Il motivo principale per cui reagiamo male a una provocazione è sempre lo stesso: se qualcuno prova a demolire l’importanza della nostra personalità, rispondiamo in automatico demolendo quella di colui o colei che ci attacca. E così, proprio come nelle faide di mafia, cadiamo in una spirale distruttiva senza fine, dove ne usciranno sconfitte ambedue le parti. Dunque la prima mossa da compiere prima di re-agire a una provocazione è rendersi conto che tra lo stimolo e la risposta c’è uno “spazio temporale” in cui possiamo decidere come rispondere. Questo ci permetterà di trasformare le nostre emozioni in qualcosa di positivo invece di trattenerle o esplodere in modo irrazionale. Ovviamente, in questo “spazio temporale” dobbiamo cercare di comprendere il punto di vista dell’altro.


Riconoscere l’individualità dell’altra persona

Ognuno di noi è una personalità unica, e per questo motivo ha un perché ben preciso per cui è venuta al mondo, anche se noi non lo comprendiamo. Di conseguenza, per “amare” qualcuno è necessario, prima di tutto, riconoscere la sua unicità. Come scriveva, infatti, Dostoevskij: «Amare qualcuno significa vederlo come era nelle intenzioni di Dio». Vederlo come vorremmo che fosse secondo i nostri canoni e le nostre idee significa, al contrario, vederlo come un mezzo per i nostri fini, come un oggetto.
Invece di “etichettare” e paragonare il proprio compagno, la propria compagna o i propri figli ad altri, bisognerebbe valorizzare le loro caratteristiche e le loro personalità. Se faremo questo, anche gli altri faranno così con noi e ci avvieremo insieme verso la costruzione di qualcosa di bello e di nuovo.


Una famiglia e una società migliore

Rispettandoci e apprezzandoci a vicenda, dunque, svilupperemo un legame emotivo di volta in volta sempre più forte. Questo “legame speciale” gli psicologi lo chiamano empatia. E gli psicologi, oltre ad aver assegnato un nome a questo fenomeno, hanno scoperto un’altra cosa: l’empatia è contagiosa. Più, infatti, siamo circondati da persone empatiche e più anche noi stessi diventiamo empatici. E qual è il primo luogo dove sviluppare l’empatia se non, appunto, la famiglia? Ma, attenzione, non basta essere “empatici” per creare qualcosa di buono, di “migliore”. È necessario che l’empatia diventi sinergia, e cioè dar vita a qualcosa di più della somma delle parti. E questa sinergia può avvenire, appunto, soltanto apprezzando e valorizzando le differenze delle persone che ci circondano fino a costruire una casa più bella e più grande. Dobbiamo sempre ricordarci infatti che una casa è composta non solo mattoni ma anche da finestre, da tubi, da cavi elettrici e da un’altra innumerevole quantità di elementi estremamente differenti tra di loro.
In conclusione, se riusciremo a realizzare tutto ciò nella nostra famiglia, allora ci saremo avviati a vivere anche in una società migliore giacché, come dichiarò la Commissione sulla Famiglia per conto del presidente USA: «La famiglia è la prima e la più importante istituzione della società: un vivaio di impegno, d’amore, di carattere e di responsabilità, sia sociale che personale».


Michele Putrino

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