Quello
che state per leggere per molti potrebbe risultare “scioccante”,
per altri invece “illuminante”. In ogni caso, dopo aver letto ciò
che ho da dirvi difficilmente il vostro modo di pensare tornerà ad
essere quello di prima. Quanto segue, infatti, è la storia del come
e del perché quasi chiunque oggi sente di vivere in modo inutile,
angoscioso e quindi senza senso. Se riconoscete come vere queste
parole, allora continuate a leggere: scoprirete finalmente una logica
a tutto questo.
Prima
di iniziare vorrei fare una precisazione: in linea generale, questa
“analisi” di come è andata questa storia non è una mia
personale interpretazione, bensì è quanto emerso dagli studi dei
più grandi pensatori degli ultimi centocinquanta anni, da Friedrich
Nietzsche, Martin Heidegger e Karl Lowith ai contemporanei Salvatore
Natoli e Umberto Galimberti. Io qui mi limiterò soltanto a fare una
brevissima sintesi spiegata in modo molto semplice (e proprio per
questo certamente imprecisa) – partendo dal mondo antico fino ai
giorni nostri – al fine di spingervi a guardare le cose da una
prospettiva diversa da quella a cui siete abituati, per farvi vedere
che quanto sta accadendo in realtà non è una “fine” ma il
fermento di un nuovo inizio.
Il
Mondo Antico
Con
“mondo antico” normalmente ci si riferisce al periodo
greco-romano, ma anche a quello dell'Antico Egitto e dei così detti
“popoli del nord”. In questo periodo la vita degli esseri umani
era tutta incentrata in funzione della natura: essa non solo veniva
temuta e rispettata (la famosa “potenza degli dei”) ma veniva
presa anche come “scuola” per imparare a organizzare le società,
il proprio comportamento e quindi per “comprendere il senso della
propria esistenza”. E infatti in questo “mondo” il tempo e gli
accadimenti sono ciclici, cioè non solo si ripetono
costantemente ma alla creazione segue
la distruzione e alla distruzione la creazione così
come al giorno segue la notte, all'inverno la primavera e così via,
con tutte le ovvie fasi intermedie. Di conseguenza, l'uomo del mondo
antico vedeva la propria vita come soggetta ai cicli che creano il
proprio dinamismo attraverso il gioco tra le polarità
positive e le polarità negative. Questo faceva
sì che gli uomini non vivessero con angoscia i problemi, le
sofferenze e le difficoltà perché esse venivano viste come parte
del normale ciclo della natura, né più né meno dei piaceri, delle
gioie e delle vittorie. Questa “visione del mondo” rappresentò
la norma per migliaia di anni, fino a quando alcuni avvenimenti che
si presentarono durante l'Impero Romano ne decretarono la fine,
sostituendola con una visione del tutto opposta.
La
fine dell'Impero Romano e l'inizio del Medioevo
Durante
la prosperità dell'Impero Romano si vennero a creare agglomerati
urbani di enormi dimensioni che non si erano mai visti prima (per
darvi un'idea, nel II secolo d.C. Roma contava tra 1.200.000 e
1.700.000 abitanti, e non c'era la metropolitana per spostarsi!).
Questo aveva portato a un naturale distacco degli esseri umani dalla
natura e, così facendo, a non trovare più un senso ai vecchi riti e
alle vecchie credenze. E così ecco che la forte esigenza di senso
della propria vita venne cercata nelle religioni mistiche e nelle
filosofie trascendentali, proprio perché se il senso della vita non
si trovava in questo mondo allora doveva trovarsi nell'altro, nell'al
di là. (Sono fermamente convito che il “cambio di rotta”
sia avvenuto a causa delle dimensioni delle città perché, tra i
tanti motivi, è sufficiente osservare il fatto che il termine
“pagus” in latino significa “villaggio”; di conseguenza
“pagani” erano gli abitanti dei villaggi; in epoca cristiana
cominciarono ad essere additati con disprezzo gli abitanti dei
villaggi rurali e quindi i “pagani” proprio perché fortemente
restii a convertirsi e, di conseguenza, continuavano a praticare i
culti degli dei). Alla fine, tra le varie religioni mistiche e
filosofie trascendentali riuscirono ad affermarsi da una parte
il cristianesimo (qui inteso come “movimento
religioso” che si affermò a partire da Paolo di Tarso e non quindi
con quanto propriamente predicato da Gesù e riportato nei Vangeli)
e, dall'altra, il neoplatonismo. Il cristianesimo riuscì
ad affermarsi, tra i tanti motivi, soprattutto grazie alla promessa
della risurrezione della carne o, come viene
riportato ancora oggi nel credo recitato costantemente nelle messe
della Chiesa cattolica, della “risurrezione dei morti” (non a
caso erano così diffuse tra i cristiani le catacombe: essi
deponevano lì i corpi dei loro cari in attesa del momento in cui
sarebbero tornati in vita). Dall'altra parte, la filosofia
neoplatonica (diffusa nel III secolo d.C. grazie al filosofo Plotino)
dava una logica e un senso al fatto che questa vita
fosse una vita falsa mentre la vita vera si trova solo nell'al di
là. Mentre però il cristianesimo era molto diffuso tra i
ceti bassi, il neoplatonismo lo era tra i patrizi. Fu grazie alla
geniale opera di Sant'Agostino che cristianesimo e neoplatonismo si
fusero insieme dando il via a quel lungo periodo, che durò un
millennio, in cui la vita era fatta di disprezzo per le cose “di
questo mondo” e l'attenzione totalmente rivolta a quei regni
ultraterreni chiamati Paradiso, Purgatorio e Inferno.
Naturalmente in questo periodo, come si sa, la paura e
l'ansia facevano parte dei pasti quotidiani insieme al
pane e all'acqua, visto che si era obbligati a vivere del tutto
sconnessi da questo mondo per stare continuamente proiettati in un
mondo trascendentale.
L'Era
Moderna e il mondo di oggi
Intorno
al XV secolo si presentò, in vari ambiti, una forte insofferenza per
la “visione trascendentale” della vita e, al contempo, una forte
esigenza di vivere e scoprire le cose di questo mondo.
Da qui quella grande corsa alla ragione e alla scienza che tutti, più
o meno, conosciamo. Sebbene però in questo periodo tutti i
costrutti metafisici medioevali venissero lentamente
demoliti in favore della ragione, la “speranza di
salvezza in un magnifico futuro” che dalla fine dell'Impero Romano
era stato identificato nella “risurrezione dei corpi” e nell'al
di là (concetto che gli studiosi definiscono escatologia)
continuava a persistere. E allora ecco che la ragione e quindi la
scienza divennero l'ancora della salvezza per un futuro migliore
perché, tramite esse, era possibile creare la tecnologia che un
giorno avrebbe consentito all'uomo di non soffrire più e,
allo stesso tempo, gli avrebbe consegnato la felicità eterna.
Questa
“speranza in un futuro migliore”, come si sa, continua a
persistere ancora oggi: si crede che un giorno raggiungeremo la
felicità quando i nostri progetti diventeranno realtà, oppure
quando ci sarà la ripresa economica, o quando ci verrà assegnato
quel titolo o quell'onorificenza, oppure quando avremo tanti soldi, o
quando incontreremo la compagna o il compagno dei nostri sogni, o
quando faremo quel viaggio, o quando acquisteremo quella macchina o
quell'ultimo modello di iPhone, insomma, ci siamo capiti (se
volete vedere fino a che folle punto si può spingere
questa speranza in un futuro tecnologico migliore, vi invito a
leggere il libro Il Futuro della Mente di Michio
Kaku; qui il famoso professore di fisica, intervistando i ricercatori
più all'avanguardia del mondo, arriva a prospettare e a sperare
in un mondo in cui la nostra mente verrà copiata e inserita in dei
computer fino a quando verrà sparata tramite dei raggi laser in giro
per l'universo in modo da diventare dei viaggiatori immortali; la
cosa ancora più assurda è che in questo momento innumerevoli
scienziati lavorano veramente a queste cose, finanziati
profumatamente dai vari governi). In sostanza, al contrario di quanto
possa sembrare, le cose non sono molto cambiate dalla fine
dell'Impero Romano a oggi: continuiamo a cercare una “salvezza
futura” in cui tutto sarà “bello e buono” e niente sarà più
“brutto e cattivo”. Ma questa “realtà” così immaginata non
potrà mai esistere perché il vero mondo, quello in
cui stiamo vivendo in questo momento, è fatto di cose belle e di
cose brutte, di alti e di bassi, di felicità e tristezze, di giorni
e di notti, di vita e di morte. E tutto ciò avviene in questo
momento, adesso, qui e ora, perché questa è
la vita che siamo chiamati a vivere in ogni istante perché così è
la Natura. Questo significa che dobbiamo tornare a vivere nelle
foreste? Naturalmente no. Indipendentemente dal motivo, anche la
casa in cui vivete è parte di questo mondo, come parte di
questo mondo è stato il Medioevo e tutto ciò che esso ha
rappresentato. Ma dobbiamo tornare a imparare che il mondo è fatto
dell'alternarsi di cose belle e di cose brutte perché senza
questo alternarsi non esisterebbe la vita. E
questo significa, tra le tante cose, smettere di
giudicare sia gli altri che noi stessi.
Stiamo
vivendo l'inizio di una nuova era in cui torneremo a vivere
serenamente e in armonia con noi stessi e con il mondo che ci
circonda. I segnali di ciò sono evidenti: basta pensare al rispetto
verso la natura che oggi è sempre più presente tra le persone e che
fino a pochi decenni fa era inimmaginabile. Ma questo non basta.
Dobbiamo imparare ad accettare con serenità la ciclicità degli
eventi con il loro alternarsi di polarità, senza insensati “viaggi
mentali” nel passato o nel futuro ma imparando a vivere serenamente
il nostro corpo e i rapporti con le altre persone. Dobbiamo imparare
a vivere con il mondo che ci circonda. Hic et nunc.
Michele
Putrino
P.S.
Per chi volesse saperne qualcosa di più, qui di seguito riporto
quella che doveva essere la mia tesi di laurea e che ho pubblicato
nel 2010 con il titolo Dal
Sacro al Nichilismo. Breve storia del Nulla.
E' molto più lunga, più tecnica e quindi molto meno scorrevole
rispetto al testo che avete appena letto, ma il concetto di fondo è
quello. In realtà molti punti, a distanza di sei anni, andrebbero
rivisti e corretti (se non rivisitati completamente). Comunque, per
onestà intellettuale, vi lascio ugualmente il link: http://www.neteditor.it/content/150839/dal-sacro-al-nichilismo-breve-storia-del-nulla
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